La crisi in atto riporta al centro del
dibattito la revisione del sistema tributario come fonte di gettito e come
strumento per finanziare politiche di welfare.
La recente ristampa di un breve saggio di
Luigi Einaudi[1],
avente ad oggetto l’imposta patrimoniale, ha offerto lo spunto per una serie di
riflessioni sull’introduzione nel nostro sistema di un’imposta che gravi sui
patrimoni.
Si tenga presente che la patrimoniale non è
per nulla una novità, ma un’idea risalente nel tempo, cionondimeno potrebbe
oggi risolvere quel problema di ridistribuzione delle ricchezze che affligge il
nostro sistema.
Una distinzione deve esser chiara in
premessa: il patrimonio è uno stock, mentre il reddito è un incremento
patrimoniale. Il patrimonio ha natura statica, indica ciò che si ha, invece, il
reddito è un flusso e indica ciò che si acquisisce.
Gianni Marongiu |
Perché un’imposta ordinaria patrimoniale e
non straordinaria?
Alla domanda si risponde facilmente citando
ancora Einaudi: nel suo libello pubblicato nel 1946, a fronte del tentativo di
risollevare l’Italia dalle conseguenze economiche della guerra, egli ipotizza
una straordinaria patrimoniale in presenza di un legislatore tributario onesto.
In sostanza il prelievo una tantum sui patrimoni, è sostenibile solamente in
cambio della garanzia che i redditi futuri non saranno più colpiti dagli
innumerevoli balzelli dell’imposizione ordinaria. Un colpo di spugna per sanare
il passato. Ma questa è utopia. Storicamente, dopo un sacrificio contingente
l’oppressione del fisco non è mai scemata. Scrive l’economista piemontese: “In Italia
nessuno crede, nemmanco a scuoiarlo vivo, che le imposte possano in futuro
diminuire”.
Nell’Italia di oggi, strozzata dal debito
pubblico, un prelievo straordinario sui patrimoni, sarebbe bruciato in breve e
il sollievo sarebbe solo momentaneo, prima della ricaduta.
Professor
Marongiu, in Italia esistono già delle imposte patrimoniali…
“Sì, l’IMU e l’imposta successoria, ma anche
il canone TV e il bollo auto che si pagano per il solo possesso di un
apparecchio tv o di un’automobile. L’IMU cosiddetta sperimentale, di innovativo
non ha proprio nulla, tantomeno realizza il federalismo fiscale. Con l’IMU i comuni
hanno scarsa possibilità di scelta, lo Stato, seppur legittimamente,
predetermina quasi tutto e tiene per sé una consistente parte del gettito,
inoltre i comuni non hanno la facoltà, ma l’obbligo di tassare la prima casa”.
Lei
fu molto critico quando il Governo Berlusconi abolì l’imposta successoria, è
vero? “Assolutamente sì, il gettito che perdemmo fu
ingentissimo, inoltre venne meno quell’ultimo filtro che consentiva di tassare
la ricchezza laddove qualcuno nella catena dei passaggi avesse scavalcato il
fisco. Si badi, la successione dovrebbe essere un’ imposta uguagliatrice per il
merito. Cioè colpire di più la ricchezza immeritata, quella, per così dire,
trovata,non guadagnata e di meno quella costruita col lavoro. In Italia c’è una
differenza troppo esigua tra le aliquote applicate alle successioni in linea
diretta e quelle applicate alle successioni tra collaterali. Spesso nelle
successioni in linea diretta il figlio ha partecipato in gran parte al consolidarsi
del patrimonio che eredita. Basti pensare, che nel nostro Paese, i figli
sovente lavorano nell’impresa famigliare: risulta evidente l’iniquità di una
tassazione che colpisce un patrimonio in parte guadagnato e colpisce
relativamente poco il patrimonio ereditato dallo zio d’America. Occorre
penalizzare le successioni tra collaterali con aliquote progressive”.
Professore,
lei quindi è favorevole all’istituzione di una imposta ordinaria patrimoniale?
“Certamente, ricordo che già in sede di
lavori preparatori per la riforma tributaria del 71’-73’, Cesare Cosciani propose
l’ordinaria patrimoniale con aliquota moderata, poi l’ipotesi sfumò.
L’obiettivo della patrimoniale dev’essere l’equità, vale a dire una distinzione
quantitativa e qualitativa dei beni. I patrimoni, come è ovvio, non hanno tutti
la stessa consistenza e la stessa qualità, pertanto qualcosa bisogna far pagare
a tutti,ma in modo proporzionale. Immaginiamo, come diceva lo stesso Einaudi,
che l’ordinamento fiscale sia una pianura. Su questa pianura devono sorgere i
tre pilastri del sistema: la tassazione dei redditi, dei patrimoni e dei
consumi. Solo così si costruisce una rete, per cui un fattore di capacità
contributiva può essere sempre intercettato ed equamente tassato”.
Per comprendere le ragioni dell’ordinaria
patrimoniale oggi, sono ancora utilissime le sagge parole di Cesare Cosciani,
che negli anni Quaranta scriveva: “L’imposta ordinaria sul patrimonio può venir
giustificata in due casi: a) quando il sistema economico si trova ancora in una
fase molto arretrata ed il sistema tributario è semplice e rudimentale […] b)
quando il sistema economico si trova in una fase evoluta, l’imposta
patrimoniale coesiste con quella sul reddito ed assume uno spiccato carattere
di complementarietà rispetto alle altre imposte dirette. Il ritorno
dell’imposta patrimoniale nei sistemi tributari, è, del resto, pienamente
giustificato: man mano che il sistema economico si fa più complesso e che la
percentuale di reddito nazionale annualmente prelevato dallo Stato si fa sempre
più elevata, sorgono nuove esigenze: come quella di basare l’imposizione oltre
che su elemento oggettivi, reali, anche su elementi soggettivi, personali che
[…] possono rendere sempre più divergenti le capacità contributive dei singoli
a parità di condizioni puramente obbiettive”[2]. Il secondo caso, sembra
una nitida fotografia dell’Italia attuale.
Marongiu,
è evidente che la precarietà del lavoro e la crisi del welfare classico
impongano nuove forme di integrazione del reddito, il sistema tributario che
compito deve avere?
“Quello di reperire le risorse, e di porre
l’attenzione sulla famiglia, sulle cosiddette economie di scala. L’ordinamento
tributario deve esercitare fascino sul contribuente, deve cioè rispondere alla
domanda sul perché si pagano i tributi, il cittadino deve riscontrare mutamenti
tangibili a fronte del suo sforzo contributivo.
La cosiddetta compliance deve mirare alla solidarietà fiscale, vale a dire che
gli adempimenti devono avere finalità extrafiscali, tra cui quella di
consentire ai giovani di costruire il futuro.
Il nostro è un paese a natalità zero,
governato spesso da persone che vivono fuori dal tempo, si deve aver ben
presente che la denatalità dell’Italia ci costa mezzo punto di PIL ogni anno. Un
fisco che pensa al domani può fornire le risorse necessarie per le politiche di
welfare, non solo con la patrimoniale o con tributi di scopo, ma anche con la
revisione periodica di tutte le leggi di esenzione, deduzione ed agevolazione che
sottraggono base imponibile; nondimeno sarebbe necessario ridurre o abolire
tutte quelle manomorte tributarie come l’imposta di bollo o di registro che
sfavoriscono la circolazione dei beni; inoltre è assolutamente anacronistica la
sopravvivenza di alcuni regimi privilegiati come le regioni a statuto speciale,
oggi le condizioni che ne giustificarono la creazione sono ampiamente superate”
Sembra dunque coerente, anche alla luce di
una lettura critica e contestuale di Einaudi, riaprire la strada indicata da
Cosciani, circa la complementarietà dell’imposta ordinaria patrimoniale.
Carlo Rovello