Grande è il disordine sotto il
cielo del nostro paese ed io ho intenzione di soffermarmi su quello che, mi pare,
un non nuovo problema chiave, ovvero la questione delle èlites politiche e dei
loro meccanismi di selezione.
Si tratta di un vecchissimo problema
che sorge immediatamente dopo l'unità dell'Italia e mi riprometto di dare a
questo studio maggiore organicità, soprattutto sul piano teorico. Come se non
bastasse i classici che si sono occupati di elitismo sono italiani (cito
Pareto, Mosca, Michels, Filippo Burzio), per non parlare di autori più
schierati politicamente come Gobetti, Carlo Rosselli e Bobbio stesso.
L'Italia, di fronte ad una crisi
economica di portata storica, ha inteso, tramite il Presidente della Repubblica
Napolitano e l'accordo tra i partiti di un'inedita maggioranza parlamentare,
affidare ad un gruppo di tecnici il governo del paese. Una presunta competenza
tecnica è stata la legittimazione per una compagine di governo in nessun modo
espressione del voto democratico, se non attraverso una delega del Parlamento,
a sua volta espressione di una “casta” di nominati dai partiti, piuttosto che
di una normale scelta democratica dei cittadini, attraverso il voto.
Al momento dunque alcuni tecnici
(professori universitari o funzionari dello stato) sono delegati a gestire le
sorti e quindi il bene comune del paese con pretesa equanimità. Questa ragion
di stato dovrebbe prevalere, in virtù dei curricula dei membri del governo
rispetto agli interessi particolaristici di cui partiti e forze sociali
sarebbero espressione. Il potere esecutivo del nostro stato è affidato alla
presunta neutralità della tecnica, bypassando apparentemente ogni forma di
partigianeria. Ma come ben sappiamo non esiste una tecnicità, tanto meno se
economica, che possa ricomporre magicamente le contraddizioni che un paese come
il nostro manifesta. Le classi sociali, seppur compresse e frammentate fanno il
loro gioco, esprimono interessi e punti di vista che nessuna compagine
governativa, che da questi interessi è lontana potrà ricomporre in modo solo
presuntivamente neutrale. In buona sostanza poi la tecnica se non collegata
politicamente alle parti sociali si schiera con le componenti più robuste della
società.
Dopo i disastri della seconda
repubblica e i rispettivi partiti, le cui èlites selezionate da un voto
fasullo, si sono rivelate più o meno tutte incapaci di governare.
Per non ricevere accuse di
cerchiobottismo, dirò che questa inadeguatezza ha avuto il suo acme nei governi
di centro destra e dei suoi inquietanti ministri, oltre beninteso del suo capo
Burlesque.
A questo punto, un del tutto
impossibile buon governo dei tecnici avrebbe potuto alimentare un auspicabile
ricambio delle èlites per quando finalmente si andrà a votare. Ma pare
problematico, dopo le incertezze programmatiche gli errori e soprattutto le
omissioni (penso all'imposta patrimoniale e al reddito minimo di cittadinanza)
del governo riconoscere in questi tecnici una classe politica di ricambio. Nascosta
dall'apparente neutralità c'è la rappresentanza di un coacervo di interessi più
o meno forti, di lobbies organizzate che non possono non far pagare la crisi
agli strati sociali più deboli e indifesi. I membri dell'attuale formazione di
governo non si configurano come attori di un possibile ricambio delle èlites.
Dal canto loro i partiti, che si
guardano bene dal palesare alleanze e spunti programmatici, pare siano
intenzionati ad affidare alla bacchetta magica delle primarie le sorti di un
ricambio di una, palesemente claudicante classe politica. Su questo mi riservo
di intervenire in seguito. Così come in seguito mi riprometto di tornare ad
affrontare il tema delle liste civiche e degli strumenti di selezione nel
Movimento 5 Stelle.
Ugo Tombesi
Savona7/6/2012
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